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Abbiamo chiesto alla dott.ssa Delia Salviati, Responsabile dell' Area Ricerca & Selezione presso lo Studio Bicego di Vicenza di parlarci in merito alla ricerca di lavoro da parte dei candidati - in questo periodo di incertezza legato alla gestione dell'emergenza sanitaria. Le abbiamo chiesto di darci le sue impressioni, lei che ogni giorno lavora a fianco di aziende e persone che si propongono per una posizione lavorativa e conosce i processi che caratterizzano domanda e offerta di lavoro.

La ringraziamo molto per il suo contributo e per ogni volta che ha dato la sua disponibilità in consulenze di carriera e nella revisione del curriculum a favore dei nostri iscritti. A lei la parola:

Quando alcune settimane fa mi è stato chiesto cosa ne pensavo della situazione post lockdown da Coronavirus, ero piuttosto confusa e realmente non ero in grado di esprimere dei pensieri che non fossero terribilmente in contraddizione tra di loro. Non che ora abbia delle certezze o delle verità assolute, tutt’altro, ma quantomeno ho le idee più chiare.

Non mi soffermo sulle ovvietà per cui molte aziende sono in forte difficoltà e che per alcune questo è stato il colpo di grazia o sul fatto che, per altre, questo virus ha portato e sta portando delle interessanti opportunità di business e di sviluppo.

Provo invece a concentrarmi su alcune domande che mi sono state fatte. La prima riguarda cosa cambiare nel proprio modo di cercare lavoro post covid, la seconda quali strategie devono ricercare le donne e, la terza, cosa dobbiamo sacrificare per trovare lavoro.

Photo by Martin Adams on Unsplash

Parto da questa terza perché la risposta mi esce spontanea. Dobbiamo sacrificare l’idea, se qualcuno l’avesse ancora, del “posto sicuro”. Questo virus ci ha dimostrato come tutto può cambiare, velocissimamente, per tutti. Fino al giovedì sera era normale lasciare tutto in ufficio e dalla mattina dopo, letteralmente, ci si è dovuti portare a casa più materiale possibile: il pc portatile, creare collegamenti al server da remoto e immaginare (ovviamente sottovalutando la situazione) quanti raccoglitori/pratiche/documenti avremmo avuto bisogno, per un tempo che appariva ai più (a me sicuramente) ottimisticamente breve. Abbiamo capito che tutto può cambiare all’improvviso. Inoltre la situazione non riguarda più solo noi, la nostra azienda, ma anche le altre.

Questo virus ci ha insegnato che dobbiamo imparare ad essere per certi aspetti più autonomi e indipendenti, ma soprattutto ad essere più disponibili e abili a cambiare gli schemi in cui siamo stati a lungo. Credo sia indispensabile imparare a guardare la situazione da diverse angolazioni, per riuscire a trovare delle soluzioni che, magari sono sotto agli occhi, ma non evidenti. E qui ecco una contraddizione: più autonomi, sì, ma dobbiamo anche imparare a fare squadra, a saper ascoltare il suggerimento del collega, a collaborare dove e come possibile. Ragionare assieme ci permette spesso di trovare soluzioni a cui non si era pensato.

 

Per quanto riguarda le strategie che devono mettere in atto le donne, personalmente credo che molte siano già avvantaggiate dalla capacità femminile (quasi fosse parte del DNA in dotazione) di essere impegnate su più fronti. Penso in particolare a chi si è trovata a lavorare da casa, senza supporti e con i figli piccoli, non autonomi e con la necessità se non di accudirli, almeno di intrattenerli e di controllarli. Ecco, la capacità di far quadrare il cerchio è un’abilità fondamentale in questo momento di incertezza. L’arte di non scoraggiarsi, o anche sì, perché è legittimo, ma poi di andare avanti, di trovare soluzioni. Ritengo sia un dono e una caratteristica su cui puntare, un’attitudine da esercitare perché più viene allenata e più risulta semplice e spontanea.

Penso che per ricercare lavoro oggi, post Covid, ma ancora molto immersi nelle incertezze della situazione, sia indispensabile armarsi di molta pazienza, di determinazione e di tenacia. Essere in grado di accettare risposte vaghe (o negative) senza abbattersi, ben consci che a fronte di centinaia di no, è un solo sì che serve. Era così anche tempo fa, ma ora è un po’ più difficile. O meglio, ora le aziende che stanno assumendo sono meno rispetto a prima e, soprattutto, bisogna riuscire a scovarle.

 

Infine a chi deve scegliere la tipologia di scuola o di università da intraprendere suggerisco di ascoltare la propria indole e i propri interessi. Troppe volte, ancora, incontro a colloquio persone che mi dicono che, in fondo, fanno un lavoro che non piace, ma che oramai dopo tanti anni non sarebbero in grado di fare altro.

La vita lavorativa che aspetta ai giovani è lunga, molto lunga. Fare un lavoro che non piace ma che sembra offrire buone prospettive o stabilità può diventare un incubo, da cui non si riesce ad uscire. Banalizzo con un esempio: in questi mesi abbiamo visto quanto fossero necessari, e scarsi, i medici e gli infermieri. Sarebbe naturale suggerire di intraprendere simili professioni, ma se una persona è impressionabile o poco empatica, come potrebbe fare questo lavoro per una vita?

Citando Confucio, se fai quello che ami non lavorerai un solo giorno della tua vita.





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